il convegno
«Lavoro e diritti delle donne: sfide e criticità nel mercato attuale»
A Zafferana il focus su contratti precari, gender pay gap e condizioni occupazionali
“Non un appuntamento celebrativo, ma un’occasione concreta per riflettere insieme, ascoltare competenze diverse e confrontarci in modo diretto su questioni che richiedono attenzione, consapevolezza e responsabilità. Analizzare la condizione femminile significa interrogarsi sulla qualità della nostra società, sulle sue fragilità, sulle sue potenzialità e su ciò che ciascuno di noi — cittadini, istituzioni, associazioni e società civile — può fare per contribuire a un reale progresso. Come amministrazione riteniamo fondamentale sostenere spazi pubblici di dialogo come questo, perché solo attraverso il confronto aperto e informato possiamo costruire comunità più mature, più inclusive e rispettose”.
Queste le parole del vicesindaco Salvo Coco che, assieme all’assessore alle pari opportunità Ata Pappalardo, alla presidente del Consiglio Arianna Santanocita e alla vicepresidente Rosaria Coco, ha introdotto la Conferenza-dibattito svoltasi nella Sala consiliare del Comune di Zafferana, intitolata “La condizione femminile, grado di civiltà”, promossa dall’assessorato alle pari opportunità e dalla Consulta Giovanile, di cui è presidente Alfio Rossano Zappalà.
La condizione femminile in termini lavorativi, economici, sociali e culturali è l’unico vero e indiscutibile indice del grado di civiltà di una società. Questo è il filo conduttore della Conferenza, un confronto costruttivo per promuovere consapevolezza, partecipazione e azioni concrete. Si sono analizzate le radici della violenza di genere e si sono indicate le strategie preventive necessarie per contrastarla, considerandola un’occasione di crescita per entrambi i sessi.

“Il tema della violenza di genere — ha sottolineato il moderatore dell’incontro Antonio Grasso — non va affrontato solo una volta all’anno, ma occorre parlarne sempre, anche quando non se ne parla, perchè viviamo in un contesto sociale che penalizza la donna e genera stereotipi da eliminare”.
Vari input sono stati lanciati: l’educazione alla pari dignità tra uomini e donne comincia sin dall’infanzia e parte dalla scuola e dalla famiglia, come ha sottolineato l’assessore Ata Pappalardo. “Per educare alla non violenza è necessario intervenire sin dall’infanzia, con esempi di relazioni positive e paritarie, esercitando l’abitudine all’ascolto, l’empatia, il rispetto, in un clima di accoglienza e nel riconoscimento e nella valorizzazione delle differenze. La parità tra uomo e donna è un fattore imprescindibile”.
Occorre educare all’affettività per acquisire la consapevolezza che amore non significa possesso, bensì libertà e rispetto, non oppressione. Solo così si potranno avere relazioni basate su principi di equità e parità. Purtroppo è necessario lottare contro la violenza domestica e la violenza sessuale, che lasciano tracce inconfondibili sulle donne che le subiscono.
A tal proposito, è intervenuta la dottoressa Sara Palermo, psicologa e psicoterapeuta funzionale, esperta in psicobiologia della nutrizione e del comportamento alimentare, che ha presentato un’attenta, puntuale e precisa disamina sul fatto che anche cibo e corpo possono essere espressione di violenza. Ha riportato le testimonianze di alcune donne vittime di violenza, che si sono rivolte ai centri antiviolenza Pink Project di Capo d’Orlando e di Sant’Agata di Militello, realtà molto attive in provincia di Messina nella prevenzione, sensibilizzazione e intervento, portando avanti progetti mirati all’autonomia personale, sociale, psicologica ed economica delle donne.
“Esiste una correlazione — ha spiegato la dottoressa Palermo — tra la violenza e i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, come emerge dai ‘segnali’ nelle donne accolte. Nei loro racconti, spesso il momento del pasto era un momento di rischio, innesco di dinamiche violente; la spesa una fonte di controllo da parte dell’aggressore; il corpo denigrato pre e post partum. La donna smetteva di nutrirsi perché un corpo desiderabile la metteva a rischio di attrarre altri uomini, oppure il cibo diventava l’unico modo, di nascosto, per concedersi un piacere effimero rispetto a una vita di terrore e dipendenza. Le donne con questi disturbi tendono all’isolamento, ad allontanarsi dalla realtà e mostrano segni tangibili nel volto e negli atteggiamenti: sono apatiche, hanno difficoltà di attenzione e concentrazione, instabilità emotiva, atteggiamento distaccato”.
Significativo è stato anche l’intervento del segretario generale Cisl Maurizio Attanasio: “Una società potrà definirsi civile — ha sottolineato — quando garantirà uguaglianza, rispetto e tutela dei diritti lavorativi e una piena partecipazione anche alle donne”. Ha poi parlato del gender pay gap, ossia della differenza di guadagno tra donne e uomini a parità di mansioni, presentando le rendicontazioni Inps di Catania relative al 2024 dei rapporti di lavoro certificati dall’Inps. “Le donne subiscono contratti di lavoro precari, perché non sono riconosciuti i loro diritti e tali contratti non rispecchiano il contratto collettivo nazionale che sancisce la parità tra uomo e donna; subiscono contratti part time e spesso sono costrette a firmare ‘al buio’. Questo è penalizzante: il lavoro è libertà, non vuol dire essere schiavizzate e condizionate, e si deve eliminare questa povertà di partenza e di arrivo”.
Poi la testimonianza di Chiara Cavallaro, in rappresentanza della Consulta giovanile, che si impegna a dare voce e difendere le donne: “Solo una comunità che valorizza la donna — ha sottolineato Chiara — può rendere onore alle donne. Rinnoviamo il nostro impegno vivo e fattivo per raggiungere un traguardo non impossibile: la piena sicurezza e libertà per ogni donna. Occorre una forte sensibilizzazione all’ascolto, al rispetto e al coraggio. Ascoltare significa dare spazio, accogliere, aiutare senza giudicare; il rispetto nasce dall’educazione; chi denuncia deve godere di protezione e sicurezza. Non intendiamo restare in silenzio, ma scendere in campo a fianco delle Istituzioni e attuare campagne di prevenzione. Abbiamo realizzato un video per sensibilizzare il nostro territorio, animato da alcune cittadine di Zafferana”.
A parlare del video è stata Rachele Pappalardo, che, assieme a Chiara Cavallaro e Giorgia Puglisi, ha curato la direzione creativa; il video editing è a cura di Matteo Di Termine. “Si tratta di un video amatoriale che vuole lanciare un messaggio di speranza, impegno e determinazione — ha spiegato Rachele Pappalardo — e mostra alcune donne con in mano cartelli che recano le percentuali delle violenze di genere. Questo è un atto di consapevolezza necessario, non semplici statistiche, ma indicatori di una profonda emergenza sociale che richiede l’attenzione della società civile. Il gesto di strappare la parola ‘violenza’ simboleggia la nostra determinazione a superare questa girandola di oppressione e a raggiungere la libertà. Ci siamo ispirati alla canzone ‘Bandiera’ di Giulia Meli, simbolo di identità e resistenza, che fa da sottofondo. Un inno alla libertà e all’autodeterminazione femminile, un testo potente che parla di libertà ed empowerment.”