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Supercoppa, miccia accesa a bordocampo: il Napoli accusa Allegri per “insulti pesanti” a Oriali. E ora? Tra 33 telecamere e giustizia sportiva, la partita continua

Il club azzurro pubblica una nota durissima dopo la semifinale di Riad: “Aggressione fuori controllo”. Ma resta un nodo: come e quando potrebbero essere usate le immagini per sanzionare il tecnico rossonero?

Fabio Russello

19 Dicembre 2025, 10:56

Supercoppa, miccia accesa a bordocampo: il Napoli accusa Allegri per “insulti pesanti” a Oriali. E ora? Tra 33 telecamere e giustizia sportiva, la partita continua

La scena non sta nel gol che chiude la partita, né nel boato che scende dagli spalti dell’Al-Awwal Park di Riad. È una scena laterale, più bassa e nervosa: due panchine incandescenti, il quarto uomo che prova a farsi argine, un botta e risposta che travalica la linea bianca. Nel mezzo, secondo la ricostruzione del Napoli, c’è una sequenza di parole “offensive e reiterate” rivolte da Massimiliano Allegri a Gabriele “Lele” Oriali. Il club azzurro non ha usato mezzi termini e ha pubblicato una nota ufficiale: “condanna con fermezza” dell’atteggiamento dell’allenatore del Milan e un auspicio che l’“aggressione” non passi inosservata. Un dettaglio tecnico fa da chiodo: le “33 telecamere” impegnate nella produzione tv della semifinale di Supercoppa Italiana. Un promemoria, quasi una sfida: le immagini esistono. Resta da capire se varranno come prova disciplinare.

La nota del Napoli e le “33 telecamere”

Il testo diffuso dal club di Aurelio De Laurentiis è inequivocabile. Si parla di “insulti pesanti” a Oriali “alla presenza di decine di persone a bordocampo e in diretta televisiva”. Da qui l’appiglio alle “33 telecamere”, richiamate come possibile garanzia documentale di quanto accaduto. Il tono è severo, la richiesta implicita è che la giustizia sportiva si attivi. La nota è stata rilanciata dai principali media e dai canali che seguono da vicino l’ambiente azzurro.

Dentro il campo, intanto, il Napoli aveva piegato il Milan con il 2-0 firmato da David Neres al 39’ e da Rasmus Højlund al 64’, conquistando la finale di lunedì 22 dicembre. Un risultato certificato anche dal report ufficiale rossonero. Ma il post-partita ha spostato il baricentro del dibattito dalla tattica al comportamento, dalle scelte di Luca Zufferli alle frizioni tra panchine.

Cosa è successo a bordocampo: la ricostruzione

Il clima di Napoli–Milan è stato teso sin dall’inizio: proteste incrociate, qualche decisione contestata, un fallo duro di Adrien Rabiot su Matteo Politano che ha esasperato gli animi, fino alle scintille tra i due staff. Al fischio finale, niente stretta di mano tra Antonio Conte e Massimiliano Allegri; il tecnico del Milan ha derubricato le polemiche a “cose di campo”, concentrandosi piuttosto sulla fragilità difensiva mostrata dai suoi. Il Napoli, invece, ha chiesto attenzione formale sull’episodio che coinvolge Oriali.

In un contesto così, la frase “33 telecamere” non è un vezzo statistico: è la chiave che il Napoli indica ai giudici per dire “guardate lì”. Il messaggio è chiaro: con una produzione così capillare, è “impossibile non riscontrare quanto avvenuto”. Resta però il passaggio decisivo: se, come e per quali condotte quelle immagini possano essere usate come mezzo di prova disciplinare.

Allegri e il Milan: tra dichiarazioni misurate e silenzio strategico

Sul fronte rossonero, la linea è stata finora misurata. Nelle interviste a caldo, Allegri ha parlato di partita (“prendiamo gol troppo facilmente”), evitando riferimenti al litigio e lasciando trasparire la volontà di non alzare ulteriormente il volume. Dal Milan, per ora, non sono arrivate repliche formali alla nota azzurra. Una scelta che può avere più letture: abbassare i toni, attendere gli atti, evitare di alimentare un caso mentre il calendario incalza.

Tra campo e carte: come funziona davvero la “prova televisiva” nel calcio italiano

Per capire se il richiamo del Napoli alle “33 telecamere” potrà tradursi in un’azione disciplinare, occorre aprire il Codice di Giustizia Sportiva (CGS) FIGC. L’articolo 61 riconosce ai “rapporti degli ufficiali di gara” un valore probatorio privilegiato ma consente anche l’uso di altri mezzi, comprese riprese televisive “che offrano piena garanzia tecnica e documentale”. Attenzione, però: la “prova tv” non è un lasciapassare universale. Per Serie A e B, la segnalazione del Procuratore federale al Giudice Sportivo è tipizzata e “limitata ai fatti di condotta violenta o gravemente antisportiva o concernenti l’uso di espressione blasfema non visti dall’arbitro o dal VAR”. In altre parole: per gli insulti a un avversario o a un dirigente, la cornice normativa è più stretta e non sempre la televisione è lo strumento con cui si irroga una sanzione.

C’è però un passaggio chiave nella giurisprudenza federale recente: il fatto che un episodio non compaia nel referto arbitrale non significa che non sia accaduto. Gli organi di giustizia possono valorizzare “atti di indagine della Procura federale” e, in certe ipotesi, anche materiali audiovisivi esterni, purché dotati di adeguate garanzie tecniche. È una finestra che, nel caso specifico, non va confusa con la “prova tv” automatica, ma che rimette la palla al centro: in presenza di immagini chiare e di testimonianze coerenti, l’ordinamento sportivo può comunque muoversi.

Quali sanzioni rischia un allenatore per offese a un tesserato avversario

Se un allenatore viene ritenuto responsabile di condotta offensiva o aggressione verbale verso un tesserato avversario, la batteria delle sanzioni è quella prevista in via generale dal CGS: dall’ammenda all’inibizione a tempo (che comporta il divieto di accedere a spogliatoi e panchina e di rappresentare la società nelle attività federali), fino alla squalifica se l’episodio avviene durante la gara. L’entità dipende dalla gravità, dalla recidiva e dal contesto. Nella prassi, quando non c’è contatto fisico, si rimane spesso nell’alveo di ammenda e inibizione breve; ma in caso di “particolare gravità”, le sanzioni possono essere più pesanti. Anche qui, decide la cornice probatoria: referti, testimonianze, eventuali immagini.

Tradotto: la nota del Napoli ha un obiettivo preciso – sollecitare un vaglio formale – ma il passaggio dall’indignazione alla sanzione non è automatico. Serviranno atti, tempi e una valutazione tecnica su cosa le immagini mostrano davvero e su come sono state acquisite.

La partita dentro la partita: perché l’episodio pesa anche oltre la giustizia sportiva

Le parole di Oriali e Allegri non sono soltanto un caso disciplinare potenziale. Toccare la figura di Oriali, ora coordinatore dello staff tecnico del Napoli e braccio operativo di Conte, significa anche sfiorare l’equilibrio interno di un club che ha appena staccato il pass per la finale. La scelta del Napoli di salire su un registro pubblico e accusatorio, a poche ore dal match, indica la volontà di difendere un proprio dirigente e di fissare una linea: “limiti” e “responsabilità” non sono parole astratte, ma confini da presidiare.

Dall’altra parte, il Milan ha un allenatore esperto nella gestione delle tempeste mediatiche. Mantenere un profilo istituzionale, senza rilanci polemici, è un modo per non concedere terreno in un dicembre già affollato di impegni tra campionato e Supercoppa. In attesa di capire se ci sarà un fascicolo e, se sì, con quali capi di incolpazione, la mossa tattica rossonera è la sottrazione.

Cosa c'è nelle “33 telecamere”

Il numero è diventato un simbolo, ma dietro c’è una prassi delle produzioni internazionali: più angoli di ripresa, più microfoni, più “replay integrati” a servizio del broadcast e del VAR. Attenzione: la disponibilità di materiale non implica automaticamente utilizzabilità disciplinare. Perché una ripresa televisiva entri nel perimetro dei mezzi di prova, occorrono “piena garanzia tecnica e documentale” e coerenza con i limiti dell’art. 61 CGS. È qui che la distinzione tra “condotta violenta/gravemente antisportiva” e “insulto” torna centrale: non tutto ciò che si vede (o si intuisce dal labiale) è punibile via prova tv; talvolta la Procura può lavorare su testimonianze e atti integrativi, ma il confine resta stringente.

Cosa resta della semifinale

Senza perdere il focus sul caso, va registrato che la semifinale ha visto un Napoli più solido e verticale e un Milan che ha pagato gli strappi subiti in transizione. I gol di Neres e Højlund, i minuti finali senza stretta di mano tra i tecnici, le ammonizioni (tra cui Rabiot e Tomori), i nervi di panchina: tutto entra nel quadro. Il tabellino ufficiale rossonero e la cronaca televisiva confermano tempi e marcatori; le reazioni post-partita di Conte (“volevamo la finale”) e di Allegri (“subiamo gol con troppa facilità”) fotografano due stati d’animo distanti. Sullo sfondo, l’arbitro Zufferli e uno standard di gara che ha lasciato scontenti entrambi gli staff, complice qualche contatto ruvido.

I tre scenari possibili

Nessun seguito disciplinare

Se i rapporti arbitrali e gli atti non dovessero evidenziare condotte tipizzate dall’art. 61 o se il materiale video non fosse ritenuto utilizzabile, la vicenda potrebbe chiudersi sul piano mediatico. È un esito possibile, specie quando si tratta di insulti non accompagnati da gesti violenti o eclatanti, e quando gli arbitri hanno percepito ma non qualificato l’episodio.

Segnalazione della Procura e valutazione del Giudice Sportivo

Se emergessero riprese e testimonianze con “piena garanzia”, la Procura federale potrebbe trasmettere gli atti. A quel punto il Giudice Sportivo valuterebbe natura e gravità della condotta, con possibili sanzioni (ammenda, inibizione breve). I tempi, in questi casi, sono rapidi: la finestra utile è quella dei giorni immediatamente successivi alla gara.

Ulteriore approfondimento istruttorio

In assenza di prova tv tipizzabile, la Procura può comunque svolgere accertamenti: audizioni, eventuali integrazioni documentali, verifica di filmati prodotti da Lega Serie A o broadcaster. È lo scenario più lento e più raro a torneo in corso, ma non impossibile.