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il caso

“Colpo di Stato in Francia”: anatomia di una bufala virale che mette alla prova Facebook, le leggi europee e la tenuta democratica

Un video deepfake da oltre 13 milioni di visualizzazioni rilancia la sfida tra libertà di espressione, moderazione delle piattaforme e difesa del dibattito pubblico. Macron incalza Meta, Bruxelles richiama al DSA, Parigi evoca la legge anti–manipolazione dell’informazione

Redazione La Sicilia

17 Dicembre 2025, 11:32

“Colpo di Stato in Francia”: anatomia di una bufala virale che mette alla prova Facebook, le leggi europee e la tenuta democratica

A Marsiglia, davanti a un gruppo di lettori del quotidiano locale, Emmanuel Macron si ferma, estrae il telefono e legge ad alta voce un messaggio arrivato poche ore prima: “Caro presidente, che succede da voi? Sono molto preoccupato”. L’autore è un “collega africano”. La ragione dell’allarme? Un video, costruito con intelligenza artificiale, che imita la grafica di un telegiornale e annuncia un inesistente colpo di Stato in Francia. Da il 10 dicembre il filmato corre sui social, accumula circa 13 milioni di visualizzazioni e rimbalza oltre confine, fino a insinuarsi nelle chat diplomatiche. Il presidente francese afferma di aver chiesto a Facebook/Meta di rimuoverlo. La risposta – riferisce – è spiazzante: “Non viola le nostre regole”.

Un finto “breaking news” a tenuta virale

Il video, realizzato con immagini generate da IA e montato secondo i codici di una all-news, mostra una giornalista in campo, microfono alla mano, che – tra folla inferocita e parole chiave sapientemente inserite (“crisi agricola”, “colonnello”, “crollo del presidente”) – annuncia la sedizione e la possibile “caduta” di Macron. Il prodotto è confezionato per apparire plausibile: scenografia, ticker, tono della voce, persino la qualità dell’audio, con quelle micro–imperfezioni tipiche del “live”. Secondo Euronews, l’Eliseo non ha ancora individuato gli autori; il timore, esplicitato dal presidente, è che la clip faccia parte di una più ampia strategia di manipolazione in vista delle prossime scadenze elettorali francesi.

Il punto di frizione: le regole di Meta sulla “manipulated media”

Per capire perché un video tanto clamorosamente falso possa restare online, occorre guardare alle policy di Meta. Fino al 2024, la regola principe prevedeva la rimozione di video “deepfake” che facessero dire a qualcuno parole mai pronunciate. Ma quell’impianto – giudicato “incoerente e confusivo” dal Meta Oversight Board nel febbraio 2024 – è stato rivisto: oggi la linea generale privilegia etichette e contesto (“AI info”) su rimozione, salvo violazioni di altre norme (istigazione alla violenza, manipolazione del voto, ecc.). In sostanza: se un contenuto è falso ma non incita all’odio o non interferisce direttamente con un processo elettorale secondo parametri stringenti, può restare online con un’etichetta e con diffusione ridotta. È una scelta che Meta rivendica come “meno restrittiva” e più rispettosa della libertà di espressione; ma che, di fronte a un finto golpe, urta contro la sensibilità istituzionale e i rischi sistemici della disinformazione.

Marsiglia, 16 dicembre 2025: la richiesta di Macron e l’agorà civica

Il confronto tra Macron e i lettori de La Provence rientra in un ciclo di incontri che l’Eliseo ha dedicato agli effetti dei social network e degli algoritmi sullo spazio pubblico. A Marsiglia, il capo dello Stato ribadisce di aver chiesto a Facebook di eliminare il video. L’episodio riaccende un dibattito antico: chi decide dove si ferma la satira e dove inizia la manipolazione che mina la serenità del confronto democratico? E in che misura lo Stato può – o deve – imporre rimozioni a piattaforme private quando la menzogna appare “verosimile” e a forte impatto? L’agenda politica, intanto, corre: a marzo le elezioni municipali, all’orizzonte la presidenziale del 2027.

Il laboratorio Francia tra IA, disinformazione e regole europee

Dal “Macron deepfake” autoironico al “Macron rovesciato” dei propagandisti

C’è un paradosso tutto contemporaneo: pochi mesi fa Macron aveva usato con autoironia i “deepfake” di se stesso per promuovere a Parigi un vertice sull’Intelligenza artificiale, proprio per sensibilizzare su opportunità e rischi della tecnologia. Allora i finti Macron danzanti o camaleontici erano una trovata comunicativa, esplicitamente etichettata come tale; oggi, contro di lui, la stessa grammatica serve a costruire un’“emergenza” inesistente. La differenza non è tecnica ma di contesto e finalità: trasparenza, etichettatura, intenzione di informare vs. inganno deliberato.

L’ecosistema della disinformazione che mira a Parigi

Il falso golpe si inserisce in un ecosistema di campagne che negli ultimi mesi hanno preso di mira la Francia, spesso con contenuti fabbricati o amplificati da reti coordinate e “testate–clone” che imitano loghi e stili dei media tradizionali per guadagnare credibilità. Inchieste giornalistiche e ricerche indipendenti hanno documentato il proliferare di siti fake che “scimmiottano” i principali marchi dell’informazione francese, rilanciando narrazioni pro-Cremlino e teorie cospirative. Il risultato è un ambiente informativo frammentato, dove il lettore medio fatica a distinguere una fonte professionale da un imitatore creato il 24 novembre 2025 con dominio anonimo.

Non è un fenomeno isolato: tra fine 2024 e inizio 2025, monitoraggi indipendenti hanno contato decine di contenuti falsi ad alta viralità contro Macron e contro la posizione francese sulla guerra in Ucraina, accumulando decine di milioni di visualizzazioni. La combinazione di IA generativa, piattaforme social e “siti civetta” rende la fabbrica della menzogna più rapida, più economica, più adattabile.

Piattaforme e norme: DSA, codice di condotta e legge francese anti–fake news

Cosa prevede il Digital Services Act

In Europa, la cornice regolatoria c’è. Il Digital Services Act (DSA) obbliga le “Very Large Online Platforms” – tra cui Facebook e Instagram – a valutare annualmente i rischi sistemici (tra cui disinformazione e manipolazione) e ad adottare misure di mitigazione proporzionate, documentate e verificabili. Dal 1 luglio 2025, il rafforzato Codice di condotta sulla disinformazione è diventato riferimento per valutare la conformità al DSA delle piattaforme che lo sottoscrivono: di fatto, ciò che prima era soft law diventa benchmark audibile. Bruxelles può aprire indagini, chiedere informazioni, imporre correttivi e – nei casi gravi – sanzioni. In questo quadro, un video che simula un colpo di Stato non è “solo” una bufala: è un caso di rischio “ad alta intensità” per integrità elettorale e ordine pubblico, specie se amplificato “in modo massivo” dagli algoritmi.

La legge francese del 2018 contro la manipolazione dell’informazione

Accanto al DSA, la Francia dispone dal 2018 di una legge ad hoc contro la “manipolazione dell’informazione”. La norma impone alle piattaforme obblighi di trasparenza, di predisporre meccanismi di segnalazione e – in periodo elettorale – consente al giudice di intervenire entro 48 ore per fermare la diffusione di contenuti “manifestamente” falsi, se idonei a turbare l’ordine pubblico o alterare la sincerità del voto. È una soglia alta: serve la prova chiara della falsità e del pericolo concreto. Ma il falso golpe di dicembre, per portata e timing, solleva proprio il tipo di interrogativi che la legge intende affrontare: quanto rapidamente un tribunale può agire su un video che corre su server esteri e su piattaforme globali? E quali elementi probatori bastano per ordinare una rimozione?

Dentro la policy di Meta: etichette, fact–checking e il dilemma della rimozione

Dall’“era del takedown” alle etichette “AI info”

Dopo le critiche del Meta Oversight Board e la crescita dei “cheap fakes” (manipolazioni non necessariamente generate da IA), Meta ha ampliato il perimetro delle azioni non–rimozione: più label, più contestualizzazione, più de–ranking nel feed quando i partner di fact–checking giudicano un contenuto falso o alterato. Da maggio 2024, etichettatura estesa dei contenuti generati con IA; da luglio 2024, stop alle rimozioni basate unicamente sulla vecchia policy “manipulated video”. Per le fake che non infrangono altre regole, l’approccio è “informare e ridurre la portata”, non “cancellare”. Questo aiuta a evitare accuse di censura ma, nei casi ad alto impatto, lascia online una “scintilla” che può continuare ad attecchire in nuove audience.

Il Board – e molti esperti – hanno chiesto una policy unica che guardi meno allo strumento (IA sì/no) e più al danno potenziale: inganno politico, soppressione del voto, sicurezza pubblica. È il cuore del conflitto normativo–culturale: la piattaforma globale, sensibile alla libertà d’espressione e al rischio di over–enforcement; il decisore pubblico, che vede crescere i “costi collettivi” della manipolazione.

Il contesto: le accuse di sotto–enforcement e le pressioni regolatorie

Sullo sfondo, negli ultimi mesi Meta è finita nel mirino di inchieste giornalistiche internazionali per presunti deficit di enforcement su segmenti critici (pubblicità fraudolente, reti di spam), alimentando ulteriori dubbi sulla priorità riservata alla sicurezza rispetto ai ricavi. Al di là della specifica vicenda del video sul golpe, questo clima di sfiducia spinge Commissione europea e autorità nazionali a monitorare più da vicino l’effettività delle misure di mitigazione delle VLOP, come richiede il DSA.

Anatomia di una “notizia–trappola”: come riconoscerla e come reagire

Le quattro spie rosse di un telegiornale inventato

Titolo assoluto, privo di fonti verificabili: “colpo di Stato”, “crollo imminente” del presidente, “colonnello” senza nome. Le emergenze reali sono accompagnate da dettagli verificabili; l’ambiguità è un segnale d’allarme.

Estetica del “live” priva di riscontri: il logo non riconoscibile, il sito inesistente, l’assenza di citazioni da agenzie o istituzioni.

Risonanza algoritmica anomala: in poche ore milioni di visualizzazioni senza copertura parallela su media professionali.

Inserzione di parole chiave emozionali (rivolta, esercito, caduta) accostate a proteste reali o malcontento diffuso, per creare un “gancio” di verosimiglianza.

Cosa può fare il lettore

Cercare conferme su almeno due testate affidabili e sui canali ufficiali delle istituzioni (Eliseo, ministeri, prefetture).

Verificare data e ora: un golpe “in corso” non resta invisibile ai grandi media per più di qualche minuto.

Segnalare il contenuto alla piattaforma, allegando – se possibile – link di smentita. Sotto DSA, le piattaforme devono offrire meccanismi di segnalazione accessibili e tracciabili.

Diffidare dei video senza fonte, soprattutto se “perfetti”: l’IA generativa rende sempre più facile imitare volti, voci, grafica.

La posta in gioco: non solo la Francia, non solo Meta

Che un deepfake confezionato come un breaking news possa mettere in allarme un capo di Stato straniero dice molto sul nostro tempo. La democrazia si gioca anche nel “primo minuto” dopo che un contenuto appare sul display: lì si decide se una menzogna diventa realtà per milioni di persone o se viene neutralizzata, spiegata, archiviata come tale. La sfida non può essere scaricata solo sulle piattaforme né risolta solo a colpi di ordinanze; è un equilibrio mobile tra norme, tecnologia, responsabilità editoriale e cultura civica.

Nelle prossime settimane sarà cruciale capire se Meta vorrà (o potrà) trattare casi come il finto golpe francese come “alto rischio” da affrontare con strumenti più incisivi di una semplice etichetta, magari concordati in modo trasparente con le autorità europee alla luce del DSA. Dal canto loro, Parigi e Bruxelles hanno tutto l’interesse a dimostrare che le regole non restano sulla carta: audit indipendenti, richieste di chiarimenti, eventuali misure correttive. Perché la linea che separa la libertà di espressione dalla manipolazione sistemica non è un dettaglio: è, sempre più spesso, il confine stesso della democrazia digitale.