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La mozione di sfiducia a Schifani: l'esito è scontato ma il "diavolo" sta nei dettagli

All'Ars la proposta delle opposizioni di mandare a casa il governatore. I voti sono insufficienti, ma dai dettagli si capirà che aria tira nella maggioranza. In vista della vera sfida: la Finanziaria

Salvo Catalano

01 Dicembre 2025, 18:07

02 Dicembre 2025, 11:18

schifani

È arrivato il giorno della mozione di sfiducia al presidente della Regione Renato Schifani. Alle 14 di oggi i 70 deputati dell'Assemblea regionale siciliana sono convocati per discutere la proposta delle opposizioni. Serviranno 36 voti favorevoli alla sfiducia per mandare a casa il governatore. Si parte da 23, quelli garantiti dai deputati di Pd, Movimento 5 stelle e Controcorrente. Si arriverà a 26 con i tre deputati di Sud Chiama Nord, come confermato oggi da Cateno De Luca. E lì ci si fermerà, perché è praticamente certo che neanche un parlamentare della maggioranza si schiererà apertamente contro Schifani. Anche perché, dettaglio non di poco conto, ci si esprimerà con voto palese e non con il voto segreto. Quindi sarà soltanto «una farsa», come la definisce il deputato della Lega Vincenzo Figuccia? Non esattamente. E proviamo a capire perché. 

Nel testo presentato dai 23 deputati delle opposizioni sono sintetizzati i motivi per i quali, dal loro punto di vista, Schifani non ha più le carte in regola per guidare la Regione. Si citano le «numerose iniziative dell'autorità giudiziaria che coinvolgono esponenti politici della maggioranza, componenti del governo regionale e soggetti da essi nominati ai vertici della sanità regionale, della burocrazia e degli enti collegati», che hanno suscitato «profondo sconcerto e indignazione nell'opinione pubblica regionale e nazionale». Si ricordano le «plurime proposte del governo respinte dall'aula» con voto segreto, «evidenziando una significativa frattura all'interno della maggioranza parlamentare». Si entra nel merito delle azioni politiche di Schifani, «che ha privilegiato rapporti con ristrette componenti della maggioranza, in particolare con la Dc e con la Lega, procedendo al reintegro dell'assessore Sammartino nella carica di assessore e vicepresidente successivamente alla sospensione cautelare disposta dall'autorità giudiziaria» e si sottolinea la mancanza di «riforme capaci di affrontare le criticità strutturali della Regione». E ancora, vengono passati in rassegna i guai della sanità (dalle liste d'attesa alle indagini sugli appalti), per finire con le vicissitudini di Totò Cuffaro

Cateno De Luca, annunciando che il suo intervento in aula durerà 45 minuti, conferma i tre voti favorevoli di Sud Chiama Nord e introduce il primo elemento di vero interesse della seduta di domani: la risposta di Schifani, da cui si capirà, dice Cateno, «il futuro e le modalità di prosecuzione di questa legislatura». Altro fattore da monitorare saranno le eventuali assenze nel centrodestra: i deputati scontenti potrebbero lanciare un messaggio al governatore semplicemente non presenziando alla seduta. E questo sarebbe l'antipasto di quella che per Schifani è la vera sfida: il voto sulla Finanziaria.  


Il vero incubo per il governatore è infatti assistere al bis di quanto andato in scena a ottobre, con la differenza che se due mesi fa sul piatto c'erano 200 milioni, stavolta ci sarà un miliardo di euro. Se la Dc è stata al momento disinnescata, nella maggioranza restano frizioni e nodi irrisolti che potrebbero riemergere nel corso della votazione della legge di stabilità. C'è da fare i conti con il Mpa che continua a chiedere un assessore in più, istanza portata avanti da mesi ma che adesso, con i due assessori Dc messi alla porta e gli interim tenuti da Schifani, il tema torna caldo. Così come dentro Forza Italia qualcuno continua a spingere per un rimpastino che dia più spazio ad assessori politici al posto dei tecnici. Mentre in Fratelli d'Italia qualcuno aspetterebbe al varco le misure sponsorizzate dall'assessore leghista Luca Sammartino per affossarle. Insomma, la mozione di sfiducia sarà solo un antipasto.