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La cyber guerra con la Russia e le parole di Cavo Dragone. L'ex capo di Stato Maggiore della Difesa: «Abbiamo perso tempo»

Il generale Riccardo Camporini spiega a La Sicilia come interpretare le dichiarazioni del collega che hanno suscitato la risposta del Cremlino. «Non si parla di attacchi militari»

Salvo Catalano

01 Dicembre 2025, 19:42

putin cyber guerra

L'intervista al Financial Times dell'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragonepresidente del comitato militare Nato da meno di un anno e in precedenza capo di Stato Maggiore della Difesa, ha suscitato un vespaio di polemiche. Oltre che la risposta piccata della portavoce del Cremlino.

«Stiamo studiando tutto sul fronte informatico, siamo in un certo senso reattivi. Essere più aggressivi o proattivi invece che reattivi è qualcosa a cui stiamo pensando». E ancora: «Un attacco preventivo potrebbe essere considerato un'azione difensiva», anche se «è più lontano dal nostro normale modo di pensare». Queste le dichiarazioni di Cavo Dragone, a cui ha risposto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova: «Riteniamo che la dichiarazione di Giuseppe Cavo Dragone sui potenziali attacchi preventivi contro la Russia sia un passo estremamente irresponsabile, che dimostra la volontà dell'alleanza di continuare a muoversi verso un'escalation. Consideriamo la dichiarazione come un tentativo deliberato di minare gli sforzi volti a trovare una via d'uscita alla crisi ucraina».

Dragone non parla mai di azioni militari, le sue dichiarazioni sono limitate al tema della cyber guerra. Partendo da questa base, La Sicilia ha chiesto al generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare e della Difesa (quindi lo stesso ruolo che ha ricoperto anche Cavo Dragone), come interpretare le affermazioni del presidente del comitato militare Nato.

«Non stiamo parlando di attacchi militari - spiega - qualcuno ha male interpretato, a partire dal titolo del Financial Times. Parliamo del mondo del cyber, dove è nostro dovere proteggere i nostri dati, anche disabilitando coloro che inviano malware».

Non si fa già? La Nato finora non si è impegnata in attacchi informatici preventivi?
«No.
È un argomento molto discusso. Già 14 anni fa, quando ero capo di Stato maggiore della Difesa se ne parlava, ma si è fatto troppo poco. Si è ritenuto che l'unica cosa politicamente fattibile era mettere degli scudi. Ma siamo stati troppo remissivi».

Cosa è cambiato nel frattempo?
«Tutto. I tempi sono maturi, perché ogni giorno i nostri sistemi subiscono centinaia di attacchi». 

Non sarebbe un altro modo per alimentare il conflitto con la Russia?
«Il punto è che stiamo parlando delle nostre attività quotidiane. A subire attacchi informatici sono stati i sistemi dell'energia elettrica, dell'acqua, degli ospedali. Dobbiamo proteggerli». 

Contro chi dovrebbero rivolgersi quindi gli attacchi preventivi della Nato?
«I Paesi della Nato hanno sistemi informativi capaci di attribuire le responsabilità degli attacchi subiti, identificarli e di conseguenza colpirli prima che agiscano nuovamente».