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Putin "apre" al Piano di pace Usa ma Zelensky frena: «I confini non si modificano con la forza»

Il presidente russo ha parlato con il collega turco ma non è ancora chiaro se si riferisce alla bozza americana o al documento condiviso con la Ue

Redazione La Sicilia

24 Novembre 2025, 14:19

14:30

Putin "apre" al Piano di pace Usa ma Zelensky frena: «I confini non si modificano con la forza»

Il piano statunitense per l’Ucraina, così come presentato a Mosca, può “costituire la base per una risoluzione pacifica definitiva”. Lo ha ribadito Vladimir Putin in una telefonata con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, secondo quanto riferito dal Cremlino. Le proposte di Washington, ha sottolineato il leader russo, “seguono la linea delle discussioni nel vertice russo-americano in Alaska” a Ferragosto. “È stato nuovamente confermato l’interesse della parte russa per una soluzione politico-diplomatica della crisi ucraina”, aggiunge la presidenza.

Intervenendo al Parlamento svedese, Volodymyr Zelensky ha sostenuto che il “problema principale” da affrontare nei colloqui di pace è la richiesta di Vladimir Putin di un riconoscimento legale del territorio che ha “rubato” all’Ucraina. “Ciò violerebbe il principio di integrità territoriale e sovranità”, ha detto, rimarcando che “i confini non possono essere modificati con la forza”. E ha concluso: “Continuate a fare pressione sulla Russia. La Russia continua a uccidere persone”.

Secondo la CNN, è difficile immaginare che Kiev possa accettare senza riserve l’insieme dei pesanti compromessi contenuti nella versione nota delle proposte americane, percepite come fortemente favorevoli a Mosca. L’ipotesi che l’Ucraina ceda aree cruciali del Donbass, annesse dalla Russia ma non completamente conquistate sul campo, rappresenta da tempo una linea rossa per Zelensky, anche perché la regione comprende città e centri ritenuti vitali per la sicurezza nazionale e per questo strenuamente difesi.

Il segretario di Stato americano Marco Rubio ha rimarcato che gli Stati Uniti riconoscono la necessità di solide garanzie di sicurezza per Kiev nell’ambito di un accordo di pace e che il suo raggiungimento “richiederà che l’Ucraina si senta al sicuro” rispetto al rischio di nuove invasioni o attacchi. A Ginevra, dopo una giornata di negoziati serrati per convincere un’Ucraina scettica ad accettare le ultime proposte di Washington per porre fine alla guerra, Rubio si è detto fiducioso: “Sono molto ottimista sul fatto che possiamo fare qualcosa, perché abbiamo fatto enormi progressi”, ha affermato in conferenza stampa, aggiungendo che il presidente Donald Trump, che poche ore prima aveva criticato pubblicamente la leadership ucraina per quella che riteneva una gratitudine insufficiente, è ora “abbastanza soddisfatto dei resoconti sui progressi compiuti”.

La bozza americana prevede che l’area del Donbass diventi una zona demilitarizzata russa, nella quale le forze del Cremlino si impegnerebbero a non entrare. Ma ordinare alle truppe di Kiev di consegnare territori conquistati al prezzo di pesanti perdite sarebbe, osserva l’emittente, estremamente difficile. Criticità emergono anche sulla proposta di limitare le forze armate ucraine: pur fissando un tetto massimo di 600.000 effettivi, diversi funzionari europei temono che ciò renderebbe il Paese più esposto a futuri attacchi. Washington, sempre più determinata a spingere per un’intesa, ha chiarito che si attende il rispetto del piano da parte ucraina, ventilando la possibilità di ritirare il supporto militare a Kiev.

In una nota diffusa ieri sera, la Casa Bianca ha affermato che gli ucraini ritengono l’ultima bozza delle proposte di pace “riflette i loro interessi di sicurezza nazionale”, dopo varie revisioni e chiarimenti concordati a Ginevra con alti funzionari statunitensi, ucraini ed europei. “La delegazione ucraina ha affermato che tutte le sue principali preoccupazioni – garanzie di sicurezza, sviluppo economico di lungo termine, protezione delle infrastrutture, libertà di navigazione e sovranità politica – sono state affrontate in modo approfondito durante l’incontro”, si legge nella dichiarazione. Il capo delegazione di Kiev, Andriy Yermak, ha definito i colloqui “molto produttivi”: “Abbiamo fatto ottimi progressi e stiamo procedendo verso una pace giusta e duratura”, ha affermato.

Anche alcune capitali europee, in precedenza critiche per l’esclusione dai colloqui ginevrini, hanno espresso apprezzamento. Il ministro degli Esteri tedesco, Johann Wadephul, ha parlato di un “successo decisivo” per l’Europa, aggiungendo che “tutte le questioni riguardanti l’Europa, comprese quelle della Nato, sono state eliminate da questo piano”. Il presidente finlandese Alexander Stubb, in un messaggio su X, ha definito i negoziati “un passo avanti”, pur rilevando che “ci sono ancora questioni importanti da risolvere”.

Resta però probabile che la proposta, anche se accettabile per Stati Uniti, Ucraina e partner europei, non sia sufficiente per il Cremlino, che ha sempre rifiutato di arretrare rispetto alle proprie richieste massimaliste. Come ricorda l’Institute for the Study of War (ISW), funzionari russi e voci ultranazionaliste continuano a respingere qualsiasi piano – incluso l’iniziale schema in 28 punti proposto da Washington – che non soddisfi le rivendicazioni di lunga data della Russia: la distruzione dello Stato ucraino e l’indebolimento dell’Alleanza atlantica.

Il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov, il 22 novembre, ha ribadito che Mosca non può discostarsi dalle condizioni poste da Vladimir Putin al vertice di agosto in Alaska e ha riaffermato l’intenzione russa di affrontare le “cause profonde” della guerra: l’espansione della Nato, il dispiegamento di armamenti nell’Europa orientale e la presunta discriminazione contro il popolo russo, la lingua russa e la Chiesa ortodossa russa in Ucraina. Ryabkov ha aggiunto che la Russia continuerà ad agire nel proprio interesse nazionale a prescindere dalle sanzioni, segnalando la volontà del Cremlino di proseguire lo sforzo bellico anche di fronte a future pressioni economiche.

Putin, in particolare al vertice in Alaska, ha mostrato di non aver cambiato posizione sulla sovranità ucraina dal 2021 e di non essere interessato a negoziati di pace sostanziali con Kiev. La reiterazione di Ryabkov sull’esigenza di eliminare le “cause profonde” e il richiamo alla posizione espressa da Putin in Alaska confermano che il Cremlino non ha rinunciato agli obiettivi e alle giustificazioni originarie dell’invasione, inclusa la richiesta alla Nato di abbandonare la politica della “porta aperta”.

Secondo il Washington Post, il piano di Trump può essere interpretato come una via d’uscita per entrambe le parti: offrirebbe a Putin un rientro dal gelo geopolitico e a Zelensky la possibilità di rimettere la scelta al popolo ucraino, con elezioni 100 giorni dopo la firma dell’intesa e un’amnistia per tutti i funzionari russi e ucraini per la condotta durante la guerra. “Ciò che ha spinto a questa richiesta di pace”, ha scritto l’editorialista del Post David Ignatius, “è stata la sensazione che i recenti capovolgimenti di fronte nella regione di Donetsk e lo scandalo di corruzione a Kiev abbiano portato l’Ucraina a un punto di svolta”. La Russia, nel frattempo, sta subendo una crescente pressione economica e potrebbe preferire porre fine alla guerra piuttosto che continuare a combattere per i due anni che potrebbero essere necessari per conquistare completamente il Donetsk.