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Lutti

Morto il padre di Stefano e Ilaria Cucchi, avvocato Anselmo: «Con la tua voce hai dato voce a tuo figlio»

Il legale pubblica la lettera che Stefano Cucchi scrisse al padre Giovanni due anni prima di morire e che l’uomo lesse in tribunale durante uno dei processi per la morte di suo figlio

Redazione La Sicilia

18 Ottobre 2025, 18:25

Morto il padre di Stefano e Ilaria Cucchi, avvocato Anselmo: «Con la tua voce hai dato voce a tuo figlio»

E’ morto Giovanni Cucchi, il padre di Stefano e di Ilaria. L’uomo aveva 77 anni ed era malato da tempo. A confermare la notizia del decesso l’avvocato Fabio Anselmo, il legale della famiglia che ha portato avanti una battaglia di verità sulla morte del giovane geometra romano deceduto nel reparto detenuti dell'ospedale Sandro Pertini. 

«Giovanni, con la tua voce hai dato voce a tuo figlio. Grazie per la tua forza». Si conclude così il post su Istagram con cui l’avvocato Fabio Anselmo ha annunciato la morte del padre del giovane deceduto una settimana dopo dopo aver subito un pestaggio in una cella di una caserma dei carabinieri.

«Ci sono parole che non si dimenticano, che restano incise anche quando le voci che le anno pronunciate si spengono. Da oggi purtroppo Giovanni Cucchi, padre di Stefano, non c'è più» scrive Anselmo rivolgendosi a quei «molti, troppi» che «hanno scritto e detto che a Giovanni non fregava nulla di suo figlio, che lo avesse abbandonato, che Stefano era solo». Parole dette «per giustificare l’ingiustificabile, per infrangere una famiglia già distrutta dal dolore».

E per confutare quelle affermazioni, l’avvocato Anselmo pubblica la lettera di Stefano Cucchi scrisse al padre due anni prima di morire e che l’uomo lesse in tribunale durante uno dei processi per la morte di suo figlio. «Giovanni, mentre leggeva davanti alla Corte quelle righe, tremava. La voce si spezzava, ma non si fermava - ricorda Anselmo nel post -. In quell'aula si è sentito il silenzio pesante di chi, per anni, ha accusato quella famiglia di menefreghismo, di vergogna, di ipocrisia. Quelle parole, semplici, umane, limpide, hanno distrutto anni di odio, menzogne, depistaggi».

«A chi ha scritto che Giovanni "non c'era". A chi ha detto che "se lo meritava". A chi ancora oggi commenta senza sapere - conclude Anselmo - leggete questa lettera. É la voce di un figlio che amava suo padre. Di un ragazzo che voleva vivere, non morire in una cella. Di una famiglia che non ha mai smesso di esserci».