I dati
Ricchezza prodotta: il Sud "corre" 1,5 volte più veloce del Nord. Ma il divario è ancora enorme
I dati positivi sull'aumento da Centro studi Tagliacarne e Unioncamere si fermano davanti al valore assoluto: il valore aggiunto nel Mezzogiorno è ancora la metà
Nel Sud Italia lo scorso anno il valore aggiunto ha "corso" ad una velocità una volta e mezza superiore a quella del Nord, +2,89% contro l’1,77% del Settentrione e il 2,14% della media italiana rispetto al 2023. È quanto emerge dall’analisi realizzata dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere sul valore aggiunto provinciale a valori correnti del 2024 che tiene conto dell’ultima revisione di contabilità nazionale effettuata dall’Istat e diffusa nello scorso mese di settembre. In particolare, nel complesso del Paese aumenti a due cifre si registrano nell’agricoltura (+10,25%), che comunque genera appena il 2,23% della ricchezza prodotta, mentre sul fronte opposto cali più consistenti si rilevano nella manifattura (-4,10%) che realizza il 19,04% del valore aggiunto. A livello regionale a muoversi con un passo più spedito sono, in particolare, la Sardegna (+3,74%), la Puglia (+3,13%) e la Calabria (+3,12%). Ma, su base provinciale, è Viterbo a prendere maggiormente la rincorsa (+4,85%), seguita da Imperia (+4,29%) e Foggia (+4,22%).

Tuttavia, se guardiamo alla ricchezza prodotta pro-capite è il Nord con 40.158 euro a smarcarsi nettamente dal resto d’Italia e, in particolare, dal Meridione (22.353 euro). A trainare è, soprattutto, Milano che con un valore aggiunto di 65.721 euro a testa conferma la sua leadership sfiorando il raddoppio della media nazionale di 33.348 euro. Un traguardo quest’ultimo raggiunto attualmente in Europa solo da 19 “province” dell’Unione europea (delle quali ben 11 tedesche) sulle 1.165 nelle quali è suddiviso il territorio dell’Ue.
«I dati del valore aggiunto dipingono un quadro in chiaroscuro. Il Sud conferma segni positivi di dinamicità ribaltando lo stereotipo di un’area strutturalmente in ritardo rispetto al resto del Paese. Ma il gap con il Nord resta ampio e la ricchezza prodotta per abitante nel Mezzogiorno rimane decisamente inferiore». Lo ha detto il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, che ha aggiunto «preoccupa, inoltre, la flessione della manifattura, segno di una difficoltà che i dazi e le tensioni sull'export potrebbero accentuare con un impatto rilevante sul Pil. Anche per questo è quanto mai urgente una vera politica industriale capace di valorizzare le specificità territoriali e di rimuovere gli ostacoli alla competitività, a partire dal costo dell’energia ancora notevolmente più alto rispetto ai concorrenti europei».