il fatto
Allo sbarcadero Santa Lucia di Siracusa, barca in fiamme al mattino: soccorsi rapidi, rischio ambientale sotto controllo
Fumo sul porto piccolo, squadra antincendio in azione e panne antinquinamento in mare: cosa è successo e perché l’intervento è stato decisivo
L'imbarcazione incendiata
La prima cosa che ha colpito è stata la colonna: un pennello scuro che s’alzava dal porto piccolo, verticale e improvviso, come un punto esclamativo disegnato nel cielo di Siracusa. Qualcuno ha rallentato in auto, qualcun altro ha scattato una foto dal marciapiede: allo sbarcadero Santa Lucia, poco dopo l’alba di oggi, una piccola imbarcazione ha preso fuoco. In pochi minuti sono arrivati i soccorsi: le sirene, l’acqua ad alta pressione, e a mare le barriere galleggianti per evitare che l’eventuale combustibile potesse trasformare un incendio circoscritto in un problema per tutto lo specchio d’acqua. Il relitto, affondato su un fondale basso, è stato poi riportato a terra con una gru. È la cronaca di un’emergenza gestita con metodo, in una zona che la città sta ridisegnando e che richiede sicurezza tecnica e attenzione ambientale, ogni giorno di più.
I fatti: dove, quando, come
L’allarme è scattato nella mattinata di oggi allo sbarcadero Santa Lucia. Le fiamme hanno interessato un natante ormeggiato. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco con una squadra proveniente da Priolo e un’autobotte pompa Atb del Comando di Siracusa. Un dispositivo dimensionato per ridurre il fronte di fiamma, raffreddare la struttura e impedire la propagazione a barche e strutture vicine.
Terminata la fase di spegnimento, il coordinamento con l’autorità marittima ha portato al posizionamento in mare di panne galleggianti: barriere modulari, a basso pescaggio, usate per circondare l’area del sinistro ed evitare che residui oleosi potessero disperdersi. Il natante, adagiatosi sul fondale, è stato quindi imbracato e recuperato con una gru, per il trasferimento a terra e lo smaltimento in sicurezza.
Dalle prime informazioni disponibili, non risultano feriti. Il denso fumo nero è stato visto a distanza, ma le fiamme sono state circoscritte senza coinvolgere altre imbarcazioni. Le cause del rogo restano in accertamento.
Il dispositivo di soccorso: perché è stato fatto ciò che è stato fatto
L’impiego congiunto di squadra antincendio terrestre e barriere antinquinamento risponde a procedure ormai standardizzate in ambito portuale. Una volta domate le fiamme, la priorità diventa proteggere l’acqua: combustibili, oli lubrificanti e detriti carbonizzati possono creare una pellicola superficiale in grado di danneggiare flora e fauna o di allargarsi velocemente spinta da vento e correnti. Le panne galleggianti vengono calate a corona intorno al punto dell’evento; se necessario, si installano più linee in serie e si associano materiali oleoassorbenti per catturare gli inquinanti. È un approccio rodato in Sicilia sud-orientale, dove piani locali di pronto intervento antinquinamento prevedono la pronta messa in opera di barriere e pattugliamenti a mare e da terra.
In occasione di emergenze simulate con scenario “incendio + sversamento” – esercitazioni che coinvolgono Guardia Costiera, rimorchiatori antincendio e ditte specializzate – la sequenza di manovre è simile: spegnimento con monitori (getti ad alta portata), delimitazione con panne, recupero o traino dei rottami e bonifica puntuale della superficie. È la stessa logica che oggi ha guidato il recupero del relitto allo Sbarcadero.
Precedenti e memoria del territorio: perché si interviene così
La memoria recente di Siracusa registra episodi che hanno aiutato a tarare i dispositivi di risposta. Nel maggio 2022, un incendio notturno su uno yacht ormeggiato nel Porto Grande si concluse con l’affondamento del mezzo e il soccorso a un marinaio leggermente intossicato: anche in quel caso furono applicate le procedure della Capitaneria di Porto e attivati mezzi antincendio navali e via terra. Episodi come questo hanno consolidato pratiche di coordinamento tra Vigili del fuoco, Guardia Costiera, rimorchiatori antincendio e 118.
In ambito ambientale, il territorio conosce bene l’importanza delle panne galleggianti: basti ricordare il caso del 2021 alla Baia di Santa Panagia, dove uno sversamento accidentale di gasolio fu circoscritto grazie a una pronta barriera di contenimento e a materiali oleoassorbenti, seguendo il Piano Operativo di Pronto Intervento locale. Quelle stesse logiche, oggi, rendono lo Sbarcadero meno vulnerabile agli effetti secondari di un rogo.
Il lavoro “invisibile” dopo le fiamme: messa in sicurezza e bonifica
Spento il fuoco e recuperato il mezzo, resta una parte meno spettacolare ma fondamentale: la verifica di eventuali sversamenti e l'eventuale raccolta con fogli oleoassorbenti; il controllo dei fondali in prossimità dell'ormeggio, per recuperare piccole parti di vetroresina o metallo; la pulizia delle banchine e la rimozione di depositi carboniosi; la gestione del relitto come rifiuto speciale, con tracciabilità delle componenti (motore, batterie, carburanti residui).
Sono procedure che riducono i rischi per chi vive e lavora nell'area e che preservano il lavoro di riqualificazione in corso.