Canicattì
Notaio assolto ma rigettata l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione
Il professionista era finito ai domiciliari perché accusato di concorso esterno in associazione mafiosa
Assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma respinta l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione. La Cassazione mette il sigillo finale sulla richiesta di risarcimento avanzata dal notaio di Canicattì, Antonino Pecoraro, 79 anni, il quale è stato sottoposto, dal 9 dicembre 2019 al 5 marzo 2020, agli arresti domiciliari. Il professionista, che ha incassato l’assoluzione definitiva, era finito nel “calderone giudiziario” nell’ambito del maxi blitz contro il clan Bontempo-Scavo, potente famiglia mafiosa dei Nebrodi, a seguito di movimenti ritenuti sospetti. Con gli atti a usucapione era considerato dagli inquirenti un “ingranaggio” del marchingegno della fabbricazione di titoli che sarebbero poi serviti ai clan per truffare l’UE ricevendo i finanziamenti. Secondo gli inquirenti, Pecoraro sarebbe stato un professionista al servizio del clan capace di “confezionare” i documenti con cui venivano ceduti alcuni terreni a terze persone senza che i reali proprietari lo sapessero.
Un’accusa caduta a conclusione dei processi, essendo risultato il notaio «del tutto inconsapevole dell'uso degli atti di donazione». Quindi è partita la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione. Richiesta rigettata prima dal Tribunale di Messina e ora dai giudici ermellini per «la condotta ambigua e poco chiara tenuta nel corso degli interrogatori, ma soprattutto per la violazione macroscopica dei doveri professionali. Nel rogitare i due atti incriminati, ha posto in essere condotte spregiudicate, in violazione delle più elementari regole deontologiche e per questo anche sanzionate a livello disciplinare, non avendo svolto alcun controllo preventivo».