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Cronaca

Vittoria, Gaetano Pepi: "Sono stato io a uccidere Dezio"

Confessione a "Le Iene" del caso di omicidio che si è verificato nel febbraio del 2016

28 Novembre 2025, 08:05

Vittoria, Gaetano Pepi: "Sono stato io a uccidere Dezio"

Un frame del servizio mandato in onda a "Le Iene"

Giulio Golia de Le Iene è stato a Vittoria, dove si è occupato dell’omicidio dell’imprenditore agricolo Giuseppe Dezio, avvenuto nel febbraio del 2016. Il noto giornalista ha intervistato il padre Gaetano Pepi, che si autodefinisce l'assassino dell'imprenditore agricolo. Oggi in carcere c’è solo il figlio Antonello. La ricostruzione del programma di Italia Uno ha messo in luce le diverse ricostruzioni discordanti e confessioni ignorate che già erano state oggetto di una conferenza stampa dell’avvocato Lipera, difensore di Pepi.

Il racconto di Gaetano Pepi, che si presenta insieme alla moglie, è quanto mai accorato e si basa sulla difesa del padre nei confronti del proprio figlio che sarebbe stato aggredito con un coltello. Il padre, secondo il racconto dello stesso, sarebbe intervenuto, armato a sua volta di coltello, dato che in quel momento si trovava in cucina a tagliare la salsiccia per pranzo. L’arma del delitto poi era stata trovata circa un mese dopo il delitto. “In carcere c’è la persona sbagliata – ha detto Gaetano Pepi – l’assassino sono io”.

La ricostruzione giornalistica, quindi inquadra anche l’aspetto secondo cui Gaetano Pepi sarebbe stato ritenuto innocente in primo grado mentre invece sarebbe stato ritenuto colpevole insieme al figlio nei gradi d’appello successivi ma non sarebbe più stato perseguibile. Giuseppe Dezio venne ucciso con diverse coltellate e a confessare l’omicidio da subito fu Gaetano Pepi. Nel processo però, oltre al padre, furono coinvolti anche i figli Marco, Alessandro e Antonino. L’assassinio arrivò al culmine dell’ennesima discussione legata a problemi di confine tra le proprietà delle due famiglie e la morte di Dezio arrivò al culmine di un’accesa lite. Gaetano Pepi confessò il delitto sin dal primo giorno, ma venne assolto in primo grado dalla Corte d‘Assise di Siracusa perché ritenuto non credibile.