Crisi idrica
Battaglia dell’acqua ad Agrigento, i sindaci del territorio all’attacco: «Da Schifani mai proposte di fondi»
La società di sovrambito Siciliacque minaccia di ridurre l’erogazione dal prossimo 1 dicembre. Chiesto un tavolo in prefettura
La crisi dell'acqua ad Agrigento arriva formalmente all'attenzione della prefettura. Con una nuova data a partire dalla quale potrebbe scattare la riduzione: 1 dicembre. Ieri Siciliacque, la società di sovrambito, ha scritto al prefetto Salvatore Caccamo, per comunicare l'intenzione di procedere gradualmente a chiudere i rubinetti. La misura si rende necessaria perché i Comuni agrigentini hanno maturato un debito di 22 milioni di euro. La riduzione avverrebbe per step, fino ad arrivare a 50 litri per abitante, il minimo vitale previsto dalla normativa, che metterebbe l'intera provincia in ginocchio.
Ma la giornata è stata segnata anche dalla reazione dei sindaci dell'Aica, l'azienda idrica locale. Che da una parte diffidano Siciliacque e dall'altra accusano il presidente della Regione Renato Schifani di mentire. «Interveniamo in maniera unitaria e decisa - scrivono i primi cittadini - in merito alla lettera pubblica del Presidente della Regione, al fine di ristabilire la corretta ricostruzione dei fatti».
La lettera a cui fanno riferimento è quella che Schifani ha mandato a La Sicilia, in cui, a proposito del tentativo di trovare una soluzione, scrive: «Avevamo proposto ad Aica la creazione di un fondo di rotazione di 20 milioni per far fronte, nell'immediato, a saldare parte di questi debiti. Ma i Comuni hanno preferito rinunciare perché avrebbero voluto un finanziamento a fondo perduto. Un percorso non praticabile perché diseducativo». I sindaci smentiscono il governatore.
Raccontano che ad agosto, nell'incontro tra Schifani e la nuova presidente di Aica Danila Nobile, si era parlato del fondo, ma «da allora non è mai giunto alcun atto formale ai sindaci. Il fondo - sottolineano - non è mai stato istituito. Ed è quindi impossibile che i sindaci abbiano “rifiutato” qualcosa che non è mai stato presentato. Mai hanno chiesto soldi a fondo perduto». Chiedono formalmente un incontro urgente al governatore e all'assessore Francesco Colianni, spiegando che per loro il fondo di rotazione va bene. «Si tratta - dicono - dell’unica misura immediata per evitare che 400mila cittadini subiscano tagli idrici devastanti». Allo stesso tempo domandano di sostenere, in sede di discussione all'Ars della legge di stabilità, l'emendamento dei deputati agrigentini con cui si destinano altri 40 milioni di euro «per coprire le perdite idriche dovute alle reti colabrodo».
Secondo i sindaci sta proprio in quel 60% di dispersione il motivo del maxi debito. Dimenticano però il dato sui morosi: fino a pochi mesi fa Aica contava solo 123mila utenze allacciate in tutta la provincia, a fronte di oltre 400mila residenti. Da poco è partita una campagna di controlli che non piace a tutti i primi cittadini. E anche su questo aspetto Nobile lamenta il mancato sostegno del governo regionale. In particolare sui Comuni più evasori: Palma di Montechiaro, Canicattì, Licata, Porto Empedocle e Bivona. «Avevamo chiesto il commissariamento per il pagamento dei debiti, come peraltro suggerito dalla Regione - spiega la presidente di Aica - Ma non c'è stato alcun riscontro, alla fine non hanno inviato nessun commissario».
Adesso i sindaci chiamano alla responsabilità Palazzo d'Orleans. «La Regione è socia al 25% di Siciliacque - scrivono - Non può chiamarsi fuori. I sindaci non si sottraggono alle loro responsabilità. Anche la Regione eserciti le proprie». Un atto di accusa durissimo, scritto all'unanimità, compresi molti primi cittadini di centrodestra.
Sull'altro fronte, Aica ha chiesto un tavolo prefettizio e diffidato Siciliacque dall'interrompere un servizio di pubblica utilità. «La società di sovrambito cita una norma del 2016 a sostegno dell'ipotesi di riduzione dell'acqua - spiega Nobile - che si può applicare sugli utenti finali, ma non a monte, a livello di ambito territoriale». Nel tentativo di rovesciare il tavolo, infine, i sindaci rimettono in discussione la convenzione siglata nel 2004 dal governo Cuffaro con Siciliacque.
Tra le infrastrutture affidate c'è l'acquedotto Favara-Burgio che porta acqua solo all'interno dell'ambito di Agrigento. «È risorsa endogena, appartiene all'ambito», rivendicano i primi cittadini. «Siciliacque non può gestirla e quindi non può fatturare quell'acqua, ingiustamente e illegittimamente espropriata agli agrigentini». Una matassa che andrà districata su tre tavoli: prefettura, Palazzo d'Orleans e il tribunale di Palermo, dove il 27 novembre è prevista un'altra udienza della battaglia tra Aica e Siciliacque.

