Le carte
La Fiat 500 imbottita di hashish e la donna "corriere": nel telefonino i segreti del committente
«Ho problemi economici», così si è difesa la cinquantenne che è stata arrestata dalla squadra mobile durante un'operazione antidroga
Era partita da Fontanarossa in aereo. Una volta arrivata a Roma, la cinquantenne Maria Ternullo si è messa alla guida della Fiat 500L di color nocciola, imbottita di hashish, alla volta di Catania. Peccato, però, che ai traghetti di Messina è stata fermata dai poliziotti della squadra mobile che sapevano dell'arrivo di un grosso carico di droga. Scortata dagli investigatori, la donna è stata accompagnata fino in via Ventimiglia dove è stata perquisita l'automobile. Gli agenti hanno rinvenuto, in due momenti diversi, 52 chili di hashish nascosti in appositi sottofondi creati ad hoc per trasportare la droga.
«Ho difficoltà economiche», così l'indagata si è difesa davanti alla gip Daniela Monaco Crea che ha convalidato l'arresto. L'avvocato Barbara Ronsivalle aveva sollecitato la misura degli arresti domiciliari nei confronti della sua assistita. «Si è limitata ad ammettere di aver commesso il reato in ragione delle precari condizioni economiche in cui versava», scrive la gip nell'ordinanza da cui emergono particolari interessanti dell'operazione di polizia. Dettagli che potrebbero permettere agli investigatori di poter rintracciare il committente che avrebbe assoldato la cinquantenne come corriere. Per la gip dietro il trasporto dell'ingente quantitativo di hashish ci sarebbe «una struttura organizzata» che avrebbe così fiducia nell'indagata da renderla edotta «dei canali di approvvigionamento della droga».
La donna era in possesso di un iPhone che potrebbe fornire input utili per rintracciare il destinatario della preziosa consegna. «È certo che Ternullo intendesse cedere a terzi la sostanza stupefacente sequestrata - scrive ancora la giudice - ed è verosimile che ella fungesse da corriere per conto di un gruppo organizzato ramificato oltre lo Stretto che, con qualificata probabilità, l'ha anche dotata del telefono cellulare sequestrato».
«La misura cautelare della custodia in carcere appare l'unica applicabile - argomenta la gip - tenuto conto del più volte evidenziato ambito organizzativo nel quale la condotta illecita posta in essere dall'indagata verosimilmente si inscrive e della conseguente rete di protezioni e di coperture di cui ella potrebbe verosimilmente beneficiare laddove le venisse applicata qualsivoglia misura cautelare meno afflittiva».
