L'inchiesta
Gli appalti pilotati nella sanità che scuotono la Sicilia, la verità di Saverio Romano: «Su di me nessuna intercettazione»
Per il coordinatore di Noi Moderati e altre 17 persone la procura di Palermo ha chiesto gli arresti domiciliari. Il gip dovrà decidere sull'istanza al termine degli interrogatori preventivi
«Ho chiarito al gip la mia posizione rispondendo alle domande che mi sono state poste». Così il leader di Noi Moderati, Saverio Romano, uscendo dal tribunale dopo l’interrogatorio preventivo davanti al gip, nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti pilotati nella Sanità, parlando con i giornalisti.
Per Romano sono stati chiesti gli arresti domiciliari con altri 17, tra cui l'ex presidente della regione, Salvatore Cuffaro. I reati contestati a vario titolo sono associazione a delinquere, turbativa d'asta e corruzione.
Parlando della presunta segnalazione di una persona per un subappalto all’Asp Siracusa, Romano ha sottolineato: «le contestazioni sono quelle nei capi di imputazione». Sull’appalto di Siracusa dice: «Non è accaduto, non c’è stata alcuna possibilità che potesse accadere, perché ab origine non c’era nessun patto tra me e questi signori, ovviamente. E, quindi, non ci poteva essere, posto che non c’era il patto, nemmeno una ricaduta sul patto». Secondo Romano, «il fatto al quale io devo necessariamente attenermi è che non c’è una sola intercettazione che mi possa riguardare. E anche nelle chat c’è mai un riferimento a patti criminosi».
«Non conosco l'imprenditore Vetro, anzi mi risulta che mai abbia vinto una gara d'appalto con il consorzio di bonifica» ha detto Giovanni Giuseppe Tomasino, direttore generale del Consorzio di bonifica della Sicilia Occidentale. Il dg, secondo l'accusa, avrebbe favorito le imprese segnalate dall'associazione a delinquere capeggiata, secondo l'accusa, da Cuffaro. In particolare le imprese «sponsorizzate» sarebbero state quelle rappresentate e sostenute dall'imprenditore agrigentino Alessandro Vetro. Quest'ultimo, in almeno un'occasione, avrebbe consegnato a Totò Cuffaro e al deputato regionale Carmelo Pace una somma di denaro da fare avere a Tomasino su cui «esercitavano influenza per avergli accordato sostegno e appoggio, anche politicamente», dice la Procura. Ma Tomasino nega. Per quanto riguarda l'eventuale accordo con le commissioni aggiudicatrici di appalti, Tomasino spiega che «è impossibile, perché il Presidente della commissione viene selezionato da un elenco a cui si accede tramite concorso pubblico».
Dopo Tomasino è stato il turno di Alessandro Maria Caltagirone, l’ex direttore generale dell’Asp di Siracusa. L’indagine si concentra sulla gara da dieci milioni di euro per i servizi di ausiliariato e reception dell’azienda sanitaria di Siracusa, affidata, secondo l’accusa illegittimamente, alla Dussmann Service.
«Nessuna utilitas dalla nomina all’ospedale Villa Sofia Cervello. Il dottore Colletti era stato già dirigente all’Arnas Civico, considerato di fascia A, mentre il Villa Sofia Cervello è di fascia B» ha detto l’avvocato Giuseppe Di Stefano, legale di Roberto Colletti, l'altro manager della Sanità. «Abbiamo chiarito la nostra posizione, e adesso ci aspettiamo un provvedimento favorevole», ha aggiunto il legale.
«Sono molto amareggiato...» ha commentato Antonio Iacono, il terzo manager della sanità. La contestazione riguarda in particolare un concorso di stabilizzazione per 54 Oss dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, che si tenne nel giugno 2024. E Colletti era il Presidente della commissione esaminatrice. Per l’accusa ci sarebbe stato un patto corruttivo tra lui, Cuffaro e Vito Raso, anche quest’ultimo indagato, per fare vincere le persone segnalate. «Ho ricevuto diverse segnalazioni, non soltanto da Cuffaro, ma anche da altre persone... Ma nessuna segnalazione ha avuto seguito. Tutti i 54 concorrenti erano destinati ad essere assunti, in vista della stabilizzazione» ha spiegato accompagnato dal suo legale, l’avvocato Mauro Torti.
«I pubblici ufficiali Colletti e Iacono», si legge, invece, nell’atto di convocazione degli indagati per l’interrogatorio davanti al Gip e notificato alle parti, avrebbero compiuto atti contrari ai doveri di ufficio e in cambio ''accettavano utilità e promesse di favori, incarichi e sostegno politico da Cuffaro e Raso (intermediari di riferimento con i vertici dell’amministrazione regionale)». «Nulla di tutto ciò - dice oggi Iacono - dovevamo fare tutto in tempi brevi, altrimenti avremmo licenziato 54 persone e l'azienda andava in default. Se questa è una colpa me ne assumo la responsabilità».
Gli interrogatori sono proseguiti a ritmo serrato. Domani, dalle 9.30, sfileranno in tribunale invece Antonio Abbonato, Salvatore Cuffaro, Carmelo Pace e Vito Raso.