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Tra Renato Schifani e Raffaele Lombardo "scoppia" la pace

«Grande serenità» al pranzo nello stesso ristorante catanese del “patto dell’arancino”. Vertice di maggioranza sul deputato supplente. «Voto qualificato all’Ars da concertare»

Mario Barresi

29 Settembre 2025, 17:13

29 Settembre 2025, 17:13

Tra Renato Schifani e Raffaele Lombardo "scoppia" la pace

La suggestione del luogo è forte: una saletta, molto riservata, della “Trattoria del Cavaliere” di Catania, già nota per lo storico “patto dell’arancino” (copyright La Sicilia) siglato nel 2017 fra i leader del centrodestra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Stavolta non è una cena, ma un pranzo. «Molto frugale», raccontano. Al tavolo quattro commensali: il presidente della Regione, Renato Schifani, ospite del patron Mpa Raffaele Lombardo, accompagnato dal nipote deputato all’Ars, Giuseppe Lombardo, e dall’ex assessore Antonio Scavone.

«Non c’era nessun patto da siglare», precisano i diretti interessati. Ma l’evento conviviale di sabato, qualche ora prima della kermesse salesiana a cui, dopo l’accorato invito di Lombardo, il governatore non ha fatto mancare la sua presenza, è comunque il segnale concreto di un ritrovato feeling. «Raffaele ci tiene tanto: quindi non torno a Palermo e domani sarò di nuovo a Catania», rivela Schifani venerdì sera agli amici ragusani che lo accolgono. E così è stato: sabato pomeriggio l’intervento presidenziale all’evento con Fabio Attard, successore di Don Bosco, con lo slogan «ripartiamo dai giovani» e l’impegno concreto di «finanziare il progetto delle Salette di San Cristoforo», per la gioia del leader autonomista, orgoglioso allievo salesiano (ironia della sorte: proprio come Totò Cuffaro).

Ma l’evento pubblico ha un prequel privato. Il pranzo ristretto: alici e gamberetti marinati (non per il presidente che opta per un’insalata di mare tiepida) e una mupa, altrimenti detta occhione, all’acqua pazza. In mezzo «una chiacchierata sulle tante ragioni che ci uniscono». A partire dall’alleanza organica di Lombardo con Forza Italia. «Antonio Tajani ha grandissima stima di te», certifica Schifani all’interlocutore. Così, dopo il compiacimento per le nomine di sottogoverno («Genovese farà un ottimo lavoro all’Ast», garantisce Lombardo) c’è appena il tempo, prima di concedersi un riposino pomeridiano pre Salesiani, per sfiorare altri argomenti. Dagli equilibri nazionali del centrodestra alle porte girevoli nella giunta regionale, fino ai rapporti fra alleati. «Nessun asse privilegiato: per me siete tutti sullo stesso piano», la reiterata rassicurazione presidenziale.

«Grande serenità», sono le due identiche parole che emergono da entrambi i fronti. Un clima ideale per affrontare il vertice di centrodestra che Schifani ha convocato per oggi a Palermo. Unico punto all’ordine del giorno: il ddl sul deputato supplente. «L’ho voluto per programmare bene la presenza in aula per il voto a maggioranza qualificata», spiega il governatore agli alleati. All’Ars, infatti, ci vorranno 36 favorevoli per consegnare al Parlamento nazionale un “parere obbligatorio” sulla proposta di modifica dello Statuto siciliano, per consentire ai deputati regionali che diventano assessori di essere rimpiazzati a Sala d’Ercole. L’iter legislativo, con il doppio voto delle Camere, sarebbe molto più lungo senza il preventivo via libera dell’Ars a maggioranza assoluta dei componenti. «Si deve fare presto», spingono alcuni, a partire da FdI. E il vertice di oggi serve proprio a questo: accelerare su una legge che non cambia le sorti della Sicilia. Ma dei partiti del centrodestra. «Avremo liste ancora più forti», è l’auspicio di chi pregusta fino a un massimo di 12 poltrone in più.