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GERMANIA

Alice ed Ellen, le gemelle Kessler insieme sul palcoscenico e nella vita fino alla fine: il piano per il suicidio assistito

In Italia ebbero enorme notorietà a partire dagli anni '60 per la partecipazione ai più grandi varietà dell’epoca

Alfredo Zermo

17 Novembre 2025, 16:54

18:33

Alice ed Ellen, le gemelle Kessler insieme sul palcoscenico e nella vita fino alla fine: il piano per il suicidio assistito

Insieme fino all’ultimo, sul palco come nella vita di tutti i giorni. Alice ed Ellen Kessler sono morte all’età di 89 anni a Grünwald, alle porte di Monaco di Baviera. Secondo quanto emerso, le gemelle avrebbero scelto un doppio suicidio assistito.

La polizia criminale, intervenuta nella loro abitazione, è stata informata nel pomeriggio di lunedì che le due artiste avevano optato per la “morte assistita”. In Germania la “morte assistita” è consentita a determinate condizioni: la persona deve, tra l’altro, “agire in modo autonomo e di propria spontanea volontà”, autosomministrandosi il farmaco letale, oltre a essere maggiorenne e capace di intendere e di volere. L’assistenza non può compiere l’atto finale: si configurerebbe come “eutanasia attiva”, vietata dalla legge. 

In passato in alcune interviste le gemelle avevano espresso il desiderio di morire insieme e negli ultimi mesi avrebbero preparato tutto mettendo a punto un meticoloso piano fino a prendere il farmaco mortale. Le due hanno deciso loro stesse la data della loro morte, come riferisce il giornale bavarese Münchner Merkur, citando un portavoce dell’associazione per l’aiuto a morire Deutsche Gesellschaft für Humanes Sterben (Dghs), a cui le gemelle si erano rivolte già oltre sei mesi fa. Si tratta di una delle tre associazioni attive in Germania su questo fronte. 

La storia di Alice ed Ellen inizia a Nerchau, in Sassonia, nel 1936. Due gemelle bionde e identiche che presto imparano a muoversi come un solo corpo, una linea perfetta in movimento. Cresciute nella Germania della ricostruzione, trovano nel palcoscenico la prima forma di libertà. Le lunghe ore trascorse ai corsi di danza del Teatro dell’Opera di Lipsia aprono loro le porte di un mondo che le considera da subito una rarità.

L’adolescenza scorre all’ombra di un Paese diviso. Appena possibile, attraversano il confine e la loro traiettoria cambia. Entrano nelle Bluebells, la compagnia internazionale del Lido di Parigi, dove il varietà è disciplina e linguaggio. Nella capitale francese affinano la simmetria dei movimenti, la rapidità dei cambi di passo, una presenza scenica che diventerà cifra distintiva negli anni Sessanta.

L’Italia le accoglie nel 1961, in pieno boom televisivo. A Studio Uno l’impatto è immediato: alte, eleganti, rigorose e insieme leggere, conquistano il pubblico non solo per l’iconicità dell’immagine ma per la professionalità impeccabile. Cantano, danzano, sorridono, dominano la scena con una naturalezza allora inedita. Brani come Pollo e champagne e La notte è piccola diventano piccoli inni di un Paese che vuole divertirsi e sognare, lasciandosi alle spalle il bianco e nero di una modernità nascente. Le Kessler diventano simbolo di una televisione popolare ma curata, capace di riunire le famiglie davanti allo schermo e di scandire le settimane con sigle e coreografie oggi divenute memoria collettiva.

Arrivate a 19 anni tra le fila delle mitiche Blubell Girls e a 40 sulla copertina di Playboy, hanno fatto innamorare uomini da un oceano all’altro. Ballerine, cantanti, attrici al cinema per Dino Risi ne Il giovedì e, con Alberto Sordi, ne I complessi e in teatro per Garinei e Giovannini, per noi però le gemelle Kessler sono rimaste i Carosello dei collant, il ritornello de La notte è piccola e gli sketch di Milleluci e Canzonissima, tutti ancora cliccatissimi su YouTube. 

Il cinema le sfiora, la musica le accompagna, ma è la ribalta televisiva a consegnarle all’immaginario europeo. Il loro volto finisce sulle riviste internazionali, perfino sulla copertina di Life. Mentre l’Europa guarda all’Italia come laboratorio di stile, le Kessler ne diventano ambasciatrici involontarie.

Negli anni Ottanta rientrano in Germania senza recidere il legame con il nostro Paese. Continuano a lavorare, partecipano a programmi, abbracciano progetti teatrali, mantenendo un profilo sobrio, quasi in controtendenza rispetto all’esuberanza degli anni d’oro. Non si sposano, conducono esistenze parallele e autonome, ma indissolubilmente intrecciate. Non semplici soubrette, ma interpreti che hanno dato forma a una stagione culturale, incarnando un’epoca. La loro carriera è stata una linea continua percorsa in coppia: una vita in perfetta sincronia, nelle scelte e nell’arte. Fino alla fine.