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Un tatuaggio pro-Ucraina di Calenda fa scoppiare l'incidente diplomatico con l’ambasciata russa
L'hashtag #SlavaUkraini innesca lo scontro, i russi attaccano e il leader di Azione ottiene il sostegno di Roma
Un tatuaggio ha acceso un nuovo fronte nello scontro diplomatico tra Italia e Russia. Carlo Calenda, leader di Azione, ha pubblicato sui social una foto del proprio braccio tatuato con lo stemma dell’Ucraina, accompagnando l’immagine con l’hashtag #SlavaUkraini. Un gesto di solidarietà verso Kiev che ha scatenato la dura reazione dell’ambasciata russa a Roma. In un post al vetriolo, l’ambasciata ha accusato Calenda di essersi «volontariamente unito alla comunità dei seguaci di Petliura, Bandera, Shukhevych e altri nazisti e collaboratori ucraini», evocando figure storiche controverse e accusate di antisemitismo e collaborazionismo durante il Novecento. Il messaggio è stato accompagnato da una foto di Simon Petliura in divisa, con lo stesso simbolo ucraino mostrato da Calenda. La replica del leader di Azione non si è fatta attendere: «Verrete sconfitti. Come è stata sconfitta l’Urss. La libertà alla fine vince sempre sulla tirannia. E se vi mettete paura di un tatuaggio vuol dire che ne siete già consapevoli».
A sostegno di Calenda è intervenuto anche Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che ha definito «inaccettabile» l’attacco dell’ambasciata russa: «Accusare Calenda di simpatizzare per il nazismo solo perché sostiene l’Ucraina è un insulto. Proprio oggi, 9 novembre, a 36 anni dalla caduta del Muro di Berlino, ricordiamo alla Russia che il dominio sovietico sull’Europa dell’Est non tornerà mai più».
Il caso si inserisce in un clima già teso tra Roma e Mosca, con l’Italia che ha più volte ribadito il proprio sostegno all’Ucraina nella guerra contro l’invasione russa. Il gesto di Calenda, seppur simbolico, ha dunque assunto un significato politico ben più ampio, diventando terreno di scontro tra visioni opposte di storia, libertà e identità nazionale.