Medio Oriente
Grande attesa per i rapiti, le famiglie col fiato sospeso
Verso casa i 48 ancora a Gaza, tra loro 20 sarebbero vivi. La madre di un ostaggio: "Matan torna da me, nel nostro Paese. Le mie lacrime vogliono questo"
Euforia, paura, nervi tesi come sartie sotto la burrasca. I sentimenti dei familiari dei rapiti non si esauriscono nelle frasi quasi urlate ai microfoni, in televisione e nella Piazza degli Ostaggi. Travolti dall’emozione, con i volti segnati da notti insonni, parlano, piangono, si stringono l’un l’altro.
Einav Tsangoker, madre di Matan, che da 734 giorni incalza il governo per riabbracciare il figlio, è arrivata nel cuore della notte a festeggiare in piazza, stappando una bottiglia di champagne. «Matan torna a casa. Torna da me, nel nostro Paese. Le mie lacrime vogliono questo. Grazie a Donald Trump ... ho paura di svegliarmi e scoprire che è un sogno», ha scritto su X dopo l’annuncio del presidente Usa.
«È il mattino più bello del mondo. Non riesco nemmeno a definire come sto», ha dichiarato con voce rotta ai giornalisti di Ynet Tala Horkin, madre dell’ostaggio Maxsim, in una rarissima apparizione pubblica. «Sono felice, confusa, la mia testa non riesce a ricevere tutte le informazioni. Ho avuto Maxsim quando avevo 16 anni e mezzo, non mi ricordo di me stessa senza di lui».
La Piazza degli Ostaggi a Tel Aviv si è gremita nella notte e di nuovo per tutta la giornata di giovedì. In quel luogo di lutto e di proteste implacabili, per due anni di seguito si sono raccolti gli israeliani spezzati dal 7 ottobre, dalla guerra, dall’incapacità di risollevarsi. Ora i parenti hanno chiesto al sindaco di rinominarla: quando i nostri cari saranno tornati, chiamiamola «Piazza dei Ritornati», hanno proposto.
Restano 48 i sequestrati ancora a Gaza, prigionieri di Hamas: 26 sono stati dichiarati ufficialmente morti, 20 si ritiene siano vivi, anche se per due di loro i timori sono gravi. Tutti uomini, fatta eccezione per il corpo della giovane Inbar Haiman, ancora trattenuto nella Striscia.
Inbar arrivò al rave nel deserto del Negev alle 3 del mattino del 7 ottobre 2023, assunta dagli organizzatori per assistere i partecipanti. Fu uccisa a colpi d’arma da fuoco dai terroristi e il cadavere venne portato via su una moto: «I miliziani cantavano e ballavano intorno a lei senza vita», ha raccontato la zia Hannah Cohen, che ha visto il video diffuso da Hamas in cui il corpo della nipote veniva condotto a Gaza.
Finora segnali di vita sono giunti da 19 ostaggi, attraverso filmati dei terroristi, testimonianze di liberati tra gennaio e febbraio e ulteriori riscontri di intelligence.
Dei 48 ancora trattenuti, 11 furono rapiti dal kibbutz Nir Oz, 14 dal festival Nova, 4 dal kibbutz Be’eri, 2 da Nahal Oz, 2 da Nir Yitzhak, 2 da Kfar Aza, 4 dall’area a ridosso del confine, mentre 10 sono militari. Tra le restituzioni previste figura anche il corpo di un soldato sequestrato prima del 7 ottobre.
Un mese dopo l’inizio della guerra erano stati restituiti 207 dei 255 ostaggi condotti a Gaza, di cui 145 liberati vivi.
Nel secondo scambio, all’inizio del 2025, ne sono stati rilasciati 38, 30 dei quali in vita.
Nel giugno dello scorso anno, un blitz delle forze speciali ha riportato a casa Noa Argamani, Almog Meir Jan, Andrey Kozlov e Shlomi Ziv: erano detenuti nel campo di Nuseirat, in un’abitazione appartenente a un giornalista.
Tre ostaggi — Alon Shamriz, Yotam Haim e Samer Talalka — sono invece stati uccisi per errore dai soldati israeliani, dopo essere riusciti a fuggire ai rapitori.