PALERMO
La gelosia, la lite, la pistola: cosa sappiamo dell'omicidio di Paolo Taormina e della confessione di Gaetano Maranzano
Il 28enne dello Zen fermato per il delitto ha ammesso le sue responsabilità , ma restano ancora alcuni punti da chiarire

Si spara per nulla, si uccide per ancora meno. Palermo è diventata anarchica, e non è un complimento. Il capoluogo siciliano è ormai come quelle città colombiane di 40 anni fa, dominate da Pablo Escobar e dal narcotraffico, dove la vita umana valeva nulla e uccidere era quasi un gioco.
In questo contesto è nato l’omicidio di Paolo Taormina, un ragazzo di 21 anni morto senza un vero perchè. Prima si è parlato di una rissa con dieci persone che stavano massacrando un indifeso e che lui avrebbe cercato di sedare, rimanendo ucciso. Poi la gelosia, quella folle, due persone che si conoscevano e che non si sono piaciute, di uno sguardo o sfottò di troppo verso la compagna di chi poi ha compiuto il delitto. Sospettato principale, secondo le prime indagini, Gaetano Maranzano, 28 anni, padre di una bimba di un anno e proveniente dallo Zen. La mente, infatti, va alla strage di Monreale, quando proprio da lì partì la spedizione punitiva a Monreale, quando tre giovani furono massacrati.
La dinamica
C’è ancora tanto da chiarire, sull’omicidio davanti al locale della famiglia della vittima, “O Scrusciu”, in vicolo Lettighieri, in quella zona della movida chiamata “La Champagneria”, in via Bara all’Olivella. Paolo lo gestiva insieme alla sorella Sofia. Erano circa le tre di notte, a 50 metri dal teatro Massimo. Un omicidio commesso sotto gli occhi di decine di ragazzi: inevitabile, il sabato sera. Inizialmente si è parlato di un pestaggio interrotto dalla vittima, accorsa in difesa di un ragazzo, circostanza poi in parte smentita nonostante numerosi testimoni giurassero di aver visto questo, così come il tentativo di Paolo di sedare una rissa.
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Pare niente di tutto questo. Gaetano Maranzano, fermato dei carabinieri, ha ammesso l’omicidio. Interrogato dai pm alla presenza dell’avvocato Luca Monteleone che lo difende insieme all’avvocata Rosanna Vella, il ragazzo ha detto di aver avuto una discussione con la vittima che era intervenuta per sedare una rissa a cui, però Maranzano non avrebbe partecipato.
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Taormina gli si sarebbe avvicinato per chiedergli di convincere gli altri ad allontanarsi, ne sarebbe nata una discussione poi degenerata e il 28enne avrebbe impugnato una pistola e fatto fuoco. Senza pensarci due volte. Tra i due in passato ci sarebbero state tensioni per alcuni sfottò che Taormina aveva fatto alla compagna di Maranzano, qualche parola di troppo che proprio non era piaciuta.
Sulla pistola l’indagato ha detto di portarla con sè sempre perchè Palermo è una città violenta. Sembrava poco chiara l’arma del delitto, prima della confessione.
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Inizialmente gli investigatori avevano parlato di un colpo di pistola alla testa, ma sul cadavere non ci sarebbe foro di uscita. Per avere certezze si dovrà attendere l'autopsia, prevista oggi. Maranzano è stato portato in carcere, al “Pagliarelli” e sarà sentito dal gip. Il ventottenne dello Zen ha parlato ai pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Ornella Di Rienzo nell’interrogatorio alla caserma Carini. Il fermo è stato convalidato.
Caccia ai complici
Le indagini continuano, e potrebbe essere coinvolta almeno un’altra persona, ad esempio chi guidava lo scooter che avrebbe aiutato durante la fuga. Maranzano potrebbe far parte di una gang che negli ultimi mesi sta terrorizzando la città. A pochi metri di distanza dal luogo dell’omicidio c’è il locale dove i “protagonisti” della strage di Monreale si fecero un selfie prima dei delitti.