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Commercio in crisi

In quattro anni chiuse 574 imprese: scompaiono i negozi di vicinato

Dito puntato sull’espansione della grande distribuzione organizzata e dell’e-commerce

09 Ottobre 2025, 23:26

In quattro anni chiuse 574 imprese: scompaiono i negozi di vicinato

Chiudono i negozi di vicinato a Siracusa

È preoccupante il dato relativo alle cancellazioni di esercizi commerciali e negozi di vicinato alla Camera di commercio. Dal 2021 ad oggi sono scomparse ben 574 piccole imprese, al ritmo di poco più di cento all’anno nel nostro territorio. Di queste, 117 riguardano i settori alimentare, macelleria e abbigliamento. “È un riscontro che deve farci riflettere – esordisce Arturo Linguanti, presidente dell’associazione Territorio Protagonista 2016 – sul progressivo quanto inesorabile assottigliamento della presenza dei negozi di vicinato nelle nostre città, dove alzano bandiera bianca al cospetto dello strapotere della grande distribuzione sempre più dilagante e capillare in provincia”.

Basta recarsi in Borgata Santa Lucia per avere contezza e riscontro di un quadro desolante sul commercio destinato a un piano inclinato senza alcuna prospettiva futura. Non più tardi di una settimana fa, in pieno consiglio comunale dedicato ai problemi della Borgata, è emerso il dramma di via Piave: “Si contano settantaquattro bassi commerciali – ha fatto notare, nel suo intervento in aula, Alessandro Cassarino, dirigente del movimento antiracket in città, la cui tabaccheria ha subito un attentato nell’estate del 2021 – ma siamo soltanto trentacinque gli esercizi aperti, alcuni dei quali prossimi a chiudere a causa di un inesorabile spopolamento del quartiere storico in atto nell’ultimo ventennio”.

Le cause della chiusura di negozi anche storici sono ben note non solo agli addetti ai lavori. “Non mi stanco di ripetere – dice Linguanti – che la grande distribuzione abbia preso il sopravvento su tutto il territorio. Oggi occupa ben 200mila metri quadrati di superficie che, nel rapporto con la densità abitativa che nella nostra provincia si attesta sulle 400mila persone, ci pone al primo posto in Italia e, addirittura, al secondo in Europa dopo Oslo, capitale della Norvegia. Lo diciamo da tempo che la grande distribuzione sta facendo morire il commercio di prossimità, composto da numerosi piccoli imprenditori e ditte individuali che alimentavano i negozi di vicinato, le antiche botteghe, punto di riferimento di buona parte della popolazione”.

Linguanti pone il problema anche sotto l’aspetto occupazionale. “Dobbiamo tenere in debita considerazione – dice – il depauperamento della forza lavoro che possiamo ipotizzare in circa 1500 unità, tra commercianti, artigiani e dipendenti che, con la chiusura delle saracinesche, hanno perso il lavoro non assorbito dai centri commerciali. Un altro elemento negativo è dato dalle vendite online che assorbono buona parte della clientela che si rivolge a marchi di fama internazionale con la prospettiva o forse l’illusione di risparmiare”.

Si pone anche un problema legato alla mancata valorizzazione, per non dire assoluta assenza, dei prodotti tipici locali nei banconi e nelle vetrine dei supermercati dei centri commerciali. “È fuor di dubbio – dice il presidente dell’associazione Territorio Protagonista – che negli scaffali della grande distribuzione i grandi assenti siano i prodotti tipici come il nero d’Avola, il limone femminello, il vino Moscato, la patata novella, l’olio degli Iblei, prodotti di eccellenza e dalle caratteristiche organolettiche peculiari che, però, non hanno patria nei centri commerciali che preferiscono la rotazione veloce della merce con forniture settimanali e anche in grosse quantità. Una regola per tutti? Nient’affatto se si considera che in alcuni grandi magazzini si trovano esposti prodotti di piccole imprese delle province di Catania, Palermo e Trapani. Perché questa discriminazione?”. Linguanti propone “all’amministrazione comunale e al Libero Consorzio di prendersi in carico la situazione e pretendere dai responsabili dei marchi presenti in città di trovare lo spazio idoneo, le cosiddette isole, in cui ospitare i prodotti locali. Sarebbe solo un assaggio ma comunque costituirebbe un inizio, nella speranza che siano promosse politiche che favoriscano la crescita dei centri naturali commerciali e iniziative a sostegno dei negozi di vicinato”.