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La storia

Pietro Fattori, l’uomo che sussurra ai treni

Fabio Russello

15 Ottobre 2025, 08:26

16 Ottobre 2025, 09:30

Pietro Fattori, l’uomo che sussurra ai treni

Ci sono finestre e finestre. C’è quella di casa sua in via Acrone ad Agrigento da dove, da bambino, ammirava i treni che all’epoca alla Centrale arrivavano e partivano copiosi sognando un giorno di essere a bordo e guidarli. E poi c’è la finestra di Villa Patrizi a Roma, la sede delle Ferrovie, da dove si può ammirare anche Porta Pia ma dove il sogno, ormai ad occhi aperti, è sempre lo stesso: i treni, i binari, le traverse, lo sferragliare delle carrozze, il fischiare delle locomotive. E il bello è che questa, per lui che ha in tasca una laurea in filosofia, non è solo “filosofia” ma roba concreta.

Parliamo di Pietro Fattori, 45 anni, agrigentino: è l’uomo grazie al quale – letteralmente – oggi in Italia esistono i treni storici che trasportano ogni anno centinaia di migliaia di turisti che possono ammirare da una prospettiva diversa i paesaggi del Bel Paese. Un amore assoluto, secondo solo a quello per sua figlia Sara. La nascita della Fondazione Fs che si occupa di preservare la cultura ferroviaria, deve molto a lui. E pure se oggi in Italia vi sono 18 itinerari ferroviari storici (quattro dei quali sono siciliani) larga parte del merito è suo.

Chiedere a Pietro come e perché è nata la sua passione folle – folle e poi scopriremo perché – per i treni significa aprire un baule pieno di ricordi e di speranze poi diventate realtà.

«Io abitavo in un palazzo, un tollo – racconta Fattori – che da via Acrone ad Agrigento dava sui binari della stazione e trascorrevo intere giornate a vedere le manovre dei treni. All’epoca c’erano davvero molti treni, locomotori di colori e fogge differenti, e guardavo tutte queste persone affascinato. Ed è un fascino che non mi ha mai abbandonato». Significa che papà Alberto e mamma Marilena avevano sempre la sua vocina fissa all’orecchio: il giocattolo preferito era naturalmente il trenino. Il fatto è che quella passione infantile che non si è mai spenta e che non era previsto diventasse anche un lavoro, si è riaccesa quando una ventina di anni fa, da cronista di Teleacras, una tv storica di Agrigento, tornò ad occuparsi di treni.

«Per una casualità tra il 2005 e il 2006 l’allora mio editore di Teleacras, Giovanni Miccichè, mi chiese – ha raccontato Pietro Fattori – di seguire una vicenda di Porto Empedocle. C’era da fare un servizio sui fondi per la metropolitana di superficie e l’allora sindaco Calogero Firetto aveva fatto l’annuncio. Io andai per fare l’intervista, Firetto era entusiasta del progetto ma a un certo punto disse la frase che accese una lampadina nella mia mente “la stazione di Porto Empedocle sarà cancellata”». Finita l’intervista Fattori anziché portare l’intervista in redazione decise di andare a vedere le condizioni della stazione che era in procinto di essere demolita.

«Da appassionato di ferrovie – ha detto Pietro – e conoscendo la stazione ottocentesca di Porto Empedocle, una delle più antiche della Sicilia (serviva da caricatore per il salgemma e lo zolfo che all’epoca erano prodotte in grande quantità in queste aree, ndr) chiesi al cameraman Angelo Incorvaia di andare a dare un’occhiata. Arrivammo e trovammo uno scenario inqualificabile tra spazzatura, motorini smontati, erbaccia alta due metri e degrado diffuso. Ma quel silenzio disperato e quella bellezza struggente degli edifici storici mi fecero pensare che non era giusto perdere questa linea che collegava il porto alla Valle dei Templi». Quel reportage sulla stazione di Porto Empedocle andò in onda e smosse le coscienze: «Fui contattato da decine di persone che videro quel servizio e mi chiesero di approfondire ancora meglio la questione. Fino a quando non ci fu la proposta di fondare una associazione per recuperare la stazione di Porto Empedocle». Avete presente un luogo che più degradato di così non si può? Forse no. «All’inizio fu un’azione pioneristica, ci vedevamo dopo il lavoro e sognavano. A quel punto presentammo un progetto di riqualificazione per la stazione. Le Ferrovie all’inizio ci presero per pazzi: “Ma come? Abbiamo faticato tanto per chiuderla e voi voleva riaprirla?”. Ma dopo un po’ Rfi ci assegnò una stanza, prevedendo e forse sperando che presto ci saremmo stancati».

E invece no, altro che stanchezza: «Dopo alcuni mesi – ha raccontato ancora Pietro – riuscimmo a riportare il primo treno a Porto Empedocle. Ci siamo tassati e abbiamo noleggiato il materiale rotabile, un treno col quale portammo a Porto Empedocle i bambini di una scuola elementare di Agrigento. Una gita prima alla stazione e poi col treno fino alla Kolymbetra nel cuore della Valle dei Templi. Fu una iniziativa che ebbe vasta eco e in due anni riuscimmo a coinvolgere 5 mila persone». Il fatto è che la ferrovia storica da Agrigento e Porto Empedocle che attraversa la Valle dei Templi, costeggiando il tempio di Vulcano è la prima goccia di uno tsunami che ha poi raggiunto il resto d’Italia.

«Ci chiamarono da Avellino per far riaprire la linea Avellino - Rocchetta chiusa al traffico regolare perché perché non sostenibile economicamente – dice con orgoglio Pietro – e ci chiesero come fare per trasformarlo in una ferrovia turisticaIl treno del paesaggio irpino”. Da qui è partito tutto a macchia d’olio e in tutta Italia».

Un fenomeno in espansione che ha portato alla necessità di una regolamentazione legislativa. Un invito raccolto dalla deputata Maria Iacono che presentò un disegno di legge – poi approvato – che ha disciplinato il tema dei treni storici. Ed è in questa occasione che Pietro ha conosciuto l’ingegnere Luigi Cantamessa, appassionato di treni storici, oggi direttore della Fondazione FS e uomo che ha contribuito alla stesura degli articoli di legge. Una legge del 2017 che “battezzò” 18 ferrovie storiche, quattro delle quali in Sicilia: Valle dei Templi - Porto Empedocle, Noto - Pachino, Alcantara - Randazzo e Castelvetrano - Porto Palo di Menfi. La Fondazione FS ha principalmente il compito di curare le linee, i treni e i musei che riguardano il mondo delle vie ferrate.

«Nel 2015 l’ingegnere Cantamessa – ha raccontato ancora Pietro Fattori – mi chiese di curare la comunicazione in Sicilia, i treni storici andavano benissimo, tanto che anche la Regione aveva finanziato un programma. E poi mi chiese di andare a Roma. Mi telefonò e mi disse “Vuoi venire a Roma a lavorare qui nella comunicazione nazionale?”. E io “Quando?”. E lui: “In 48 ore”. A quel punto presi un treno notte e ora sono il responsabile della comunicazione esterna e della relazioni con le Istituzioni della Fondazione FS». Insomma non male per uno che guardava i treni dal balcone di casa e che sembrava “adatto” più per la filosofia che ai treni.